
Il Giro d’Italia non è semplicemente una corsa in bicicletta, è una manifestazione che va oltre la competizione, un evento che fa parte della storia della nostra nazione e che ha scandito il tempo insieme ad alcuni degli avvenimenti più significativi degli ultimi cento anni.
La carovana del Giro regala momenti di felicità e colore fin dal 1909, portando la festa in ogni città del paese. Oltre a questo c’è tanto altro nella gara che nel mese di maggio raccoglie oltre 150 ciclisti pronti a battersi per la conquista della Maglia Rosa e del bellissimo Trofeo Senza Fine.
In questo articolo noi di strada.bicilive vogliamo raccontare brevemente la vita secolare della corsa organizzata da RCS, con i suoi campioni e i suoi aneddoti, scolpiti nella memoria degli appassionati di ciclismo.
Come possiamo non parlare della mitica rivalità tra Gino Bartali e Fausto Coppi, delle conquiste di Eddy Merckx, della tenacia di Felice Gimondi e delle splendide imprese di Marco Pantani e Vincenzo Nibali? Andiamo insieme a immergerci nella storia del Giro d’Italia!
Dalla fondazione del Giro d’Italia ai cinque successi di Binda
Il Giro d’Italia nasce nell’agosto del 1908 dall’idea del giornalista della Gazzetta dello Sport Tullio Morgagni, che promise 25.000 lire al vincitore della manifestazione. Anche il Corriere della Sera stava organizzando un evento ciclistico di tale portata, ma la presentazione ufficiale della primissima edizione organizzata dal quotidiano sportivo ne ha interrotto i piani.
In quegli anni il calcio non aveva molto seguito (bei tempi!) e la scarsa diffusione delle automobili faceva sì che la bicicletta fosse il mezzo di locomozione più economico e accessibile per gli italiani. Con queste premesse, a Milano partì il primo Giro d’Italia nella notte del 13 maggio 1909 con 127 partecipanti al via tra cui i migliori corridori di corse da un giorno dell’intera nazione.

Luigi Ganna nel 1909.
Vi furono otto tappe con una media di 306 chilometri a frazione, tre delle quali conquistate da Luigi Ganna, il corridore di Varese che si laureò primo vincitore assoluto del Giro d’Italia. Noto per la sua schiettezza, al termine della corsa pronunciò una frase storica: al cronista che gli chiese le primissime sensazioni dopo la vittoria, egli rispose sinceramente “L’impressione più viva è che me brüsa tant’l cù” (mi brucia tanto il “fondoschiena”, n.d.r.)
Nel 1914, dopo quattro edizioni con la classifica a punti e una con quella a squadre, venne inserita al Giro d’Italia la graduatoria a tempo come la conosciamo oggi: i corridori rimasti negli annali in quegli anni sono molti ma come Costante Girardengo e Alfredo Binda se ne ricordano ben pochi.
Girardengo, dopo la Prima Guerra Mondiale, era uno dei ciclisti più famosi a livello internazionale: in quegli anni vinse nove Campionati Italiani, cinque volte la Milano-Sanremo e addirittura la prima edizione del Campionato del Mondo che si svolse nel 1927 sul circuito automobilistico del Nurburgring.
Al Giro d’Italia Girardengo fece molto bene, nel 1919 per esempio fu primo in classifica dalla prima all’ultima tappa, vincendo anche sette frazioni intermedie. Quella fu un’edizione storica: ai ciclisti reduci della guerra vennero consegnate gratuitamente le biciclette da corsa e molti tratti delle strade nel nord-est erano gravemente danneggiate. La Gazzetta decise di attraversare alcuni territori irredenti proprio per ricordare i caduti: Trento e Trieste furono sede dei primi due arrivi.

La vittoria di Girardengo su Binda.
Girardengo si ripeté al Giro d’Italia 1923 ma dovette lentamente cedere il passo a un nuovo campione, Binda, che dal 1925 al 1933 fu capace di trionfare cinque volte alla Corsa Rosa. Definito “Il Signore della Montagna”, Girardengo è uno dei corridori più vincenti della storia di questo sport e condivide il primato al Giro con due grandi come Fausto Coppi ed Eddy Merckx.
La sfida al Giro d’Italia 1925 con Girardengo fu epica: i due erano appaiati in tutte le frazioni, l’uno marcava l’altro ed era impossibile attaccare in solitaria. Solo una foratura mise fuori gioco il più esperto avversario, lanciando Binda verso la prima Maglia Rosa della sua fantastica carriera.
Gino Bartali e Fausto Coppi
Nel 1931, Armando Cougnet, direttore della corsa, decise di istituire per il leader della classifica generale un simbolo, la Maglia Rosa, obiettivo di tutti i ciclisti alla partenza del Giro d’Italia. La prima venne vestita da Learco Guerra, vincitore della prima tappa di quell’anno da Milano a Mantova, ma a conquistarla al termine della manifestazione fu Francesco Camusso.

Gino Bartali e Fausto Coppi.
Gli anni ’30 e ’40 sono gli anni d’oro del ciclismo, furono infatti caratterizzati da un duello che ha scritto pagine e pagine di storia dello sport, quello tra Gino Bartali e Fausto Coppi. I due erano molto diversi tra loro e l’Italia si divise tra chi sostenne Ginettaccio e chi invece supportò il Campionissimo, anche per le presunte diverse posizioni politiche.
Bartali, essendo cinque anni più giovane, fu il protagonista assoluto nel periodo antecedente la Seconda Guerra Mondiale quando vinse il Giro d’Italia per due edizioni, il Tour, il Giro di Lombardia e la Sanremo. La grande sfida nacque nella Corsa Rosa del 1940: entrambi facevano parte della Legnano e Coppi aveva il compito di appoggiare come gregario il suo esperto compagno di squadra.
Nella seconda tappa, Bartali cadde a causa di un cane che gli tagliò la strada e Pavesi, direttore del team, decise di puntare su Coppi per la classifica generale. Così il toscano si mise al servizio del Campionissimo, anche quando quest’ultimo era alle prese con alcune difficoltà: sulle Alpi, Fausto era in grande crisi e avrebbe voluto ritirarsi, quando Bartali se ne accorse, tornò indietro e lo spinse a riprendere la bicicletta, ricordandogli i sacrifici fatti e urlandogli: “Coppi sei un acquaiolo, solo un acquaiolo“.

Gino Bartali.
Al termine del Giro d’Italia 1940, vinto da Fausto e proprio nel momento in cui doveva acuirsi la grande sfida, Mussolini dichiarò guerra a Francia e Inghilterra, entrando ufficialmente nel campo di battaglia del secondo conflitto mondiale.
Alla fine delle ostilità, Bartali ormai 32enne era dato come “finito”, mentre Coppi, acquistato dalla Bianchi, era pronto a brillare anche fuori dall’Italia. Nonostante questo, Ginettaccio fu capace di vincere il Giro d’Italia 1946 (con soli 46 secondi sul rivale) e il Tour 1948, dimostrando ancora tutte le sue abilità.
L’Airone non si fece attendere e rispose al toscano al Giro d’Italia 1947 e 1949, con Bartali secondo in entrambe le occasioni. Proprio nell’edizione del ’49 fu epica l’azione in solitaria di Coppi nella tappa Cuneo-Pinerolo: egli attaccò a inizio frazione e corse in solitaria 254 km, giungendo con oltre 11 minuti di vantaggio e affrontando la Maddalena, il Vars, l’Izoard, il Monginevro e il Sestriere. Divenne celebre la frase del cronista Mario Ferretti, che incredulo gridò: “Un uomo solo è al comando; la sua maglia è bianco-celeste e il suo nome è Fausto Coppi“.

Fausto Coppi.
Il Campionissimo concluse il suo amore con il Giro d’Italia vincendo anche nel 1952 e 1953, ma in questi anni sono da ricordare anche i tre successi di Fiorenzo Magni (1948, 1951, 1955) e la prima vittoria straniera siglata dallo svizzero Hugo Koblet nel 1950.
Da Charly Gaul al duello Merckx-Gimondi
Nella seconda parte degli anni ’50 si fa sempre più grande il nome di Charly Gaul, uno scalatore lussemburghese che lasciò al Giro d’Italia una delle imprese più grandi della storia della Corsa Rosa.
Gaul conquistò la maglia rosa alla terzultima tappa di 242 km e con quattro passi dolomitici da scalare: tutta la frazione fu contrassegnata dal maltempo e dal freddo, tanto da far ritirare alcuni dei favoriti di quella edizione come Carlo Clerici (vincitore nel 1954).
Sotto la pioggia e il vento gelido, Gaul attaccò in solitaria prima sul Passo Rolle e poi sul Brocon, seconda e terza asperità di giornata. De Filippis in quel momento in Rosa si ritirò poco prima che il lussemburghese iniziasse ad approcciare il Bondone. Sul monte trentino la pioggia si trasformò in neve, e Gaul vinse tagliando il traguardo in prima posizione con 7 minuti di vantaggio mentre la temperatura era di 4 gradi sotto lo zero.

Eddy Merckx e Felice Gimondi
A fine anni ’60, dopo le due vittorie francesi di Jacques Anquetil, nacque una nuova sfida, quella tra Felice Gimondi ed Eddy Merckx, che furono capaci di vincere otto edizioni del Giro d’Italia in 10 anni, cinque per il belga (1968, 1970, 1972, 1973, 1974) e tre per il bergamasco da poco scomparso (1967, 1969, 1975).
La battaglia tra i due grandi campioni non si limitò solo alla corsa rosa: ogni gara era occasione di confronto dalla più semplice corsa di un giorno alle Monumento, ai Grandi Giri e ai Campionati del Mondo.
Guardando al Giro d’Italia le edizioni più memorabili, per diverse ragioni, furono due: la prima è sicuramente quella del 1969 quando Merckx venne squalificato dopo essere risultato positivo a un controllo antidoping e se ne ricorda la memorabile intervista in lacrime ai microfoni di Sergio Zavoli. Il caso fece molto scalpore, in quanto il Cannibale si considerò sempre innocente e si rischiò l’incidente diplomatico tra Italia e Belgio.

Eddy Merckx.
Un’altra storica edizione fu quella del 1974: in quel Giro d’Italia vi fu il minimo distacco mai registrato alla corsa rosa, poiché Eddy Merckx vinse con soli 12 secondi sul neoprofessionista Gianbattista Baronchelli e 33″ sul rivale di sempre Felice Gimondi.
Saronni-Moser-Hinault
A cavallo tra gli anni ’70 e ’80 crebbe sempre di più una rivalità interna, quella tra Giuseppe Saronni e Francesco Moser, due ciclisti parecchio diversi nelle caratteristiche, ma capaci di gareggiare (e vincere) su qualsiasi terreno.
Nel mentre in Francia spiccava il nome di Bernard Hinault, uno dei corridori a tappe più forti che questo sport abbia mai visto: cinque Tour de France, tre Giro d’Italia, due Vuelta di Spagna, un Campionato del Mondo, una Parigi-Roubaix, due Giri di Lombardia e due Liegi-Bastogne-Liegi.
Le sfide al Giro d’Italia fra i tre fenomeni del ciclismo di quegli anni furono interessantissime: tre vittorie per il francese, due per Saronni e una per Moser. Hinault ogni volta che venne alla corsa rosa non ebbe rivali, dominò in tutto e per tutto (1980, 1982, 1985): ricordiamo le vittorie epiche come Roccaraso, Campitello Matese e Montecampione, con arrivi in salita durissimi.

Bernard Hinault.
Il Giro d’Italia 1979 tra i due campioni italiani fu combattutissimo: nonostante le migliori qualità a cronometro di Moser, Saronni fu capace di vincere due tappe contro il tempo, incrementando il vantaggio in salita e concludendo con un distacco finale di 2’09″ (egli vinse anche nell’83).
L’unica Corsa Rosa vinta da Francesco Moser fu l’edizione del 1984, ricca di polemiche: l’organizzatore del Giro, Torriani, decide di rinunciare allo Stelvio, modificando la 18esima tappa. Laurent Fignon accusa i direttori di gara di favorire il trentino, non potendo sfruttare il suo terreno favorevole, la salita. Il distacco per la cronometro finale di Verona rimase breve e Moser, ne poté approfittare, riuscendo a strappare la vittoria del Giro d’Italia al rivale.
Gli anni ’90 e Marco Pantani al Giro d’Italia
Andando avanti nel nostro racconto del Giro d’Italia siamo giunti agli anni ’90, aperti con l’incredibile successo di Gianni Bugno, maglia rosa dal prologo iniziale all’ultima tappa. Con la vittoria alla Corsa Rosa, il corridore lombardo ha aggiunto anche una corsa a tappe al suo palmarès che prevede due Campionati del Mondo, un Giro delle Fiandre, una Sanremo e svariate tappe al Tour e alla Vuelta.

Gianni Bugno.
Nel cuore del decennio è però lo spagnolo Miguel Indurain a dominare il ciclismo internazionale: anche il Giro d’Italia è terreno di caccia del “Don“, che con le sue cronometro fu capace di trionfare nel 1992 e nel 1993. Proprio grazie allo strapotere nelle prove contro il tempo e la sua capacità di amministrare il vantaggio sulle montagne, quasi nessuno riuscì a sconfiggerlo in questi anni.
I ’90 sono però legati a un ragazzo di Cesenatico, uno scalatore formidabile in grado di incollare un paese intero alla TV, Marco Pantani. Della sua vita è stato scritto tanto, e tanto ci sarebbe ancora da raccontare sulla sua squalifica al Giro d’Italia 1999, ma noi in questo articolo ci limitiamo brevemente a narrarne le gesta alla Corsa Rosa.
Il Pirata è ancora oggi considerato uno degli scalatori più forti di sempre e fin dal ’94, al secondo anno da professionista, mostrò tutte le sue qualità: in classifica si piazzò alle spalle di Berzin, ma vinse due tappe a Merano e all’Aprica, scattando sul Mortirolo in faccia ai suoi rivali.
Ad inizio carriera egli fu sfortunatissimo, una serie di cadute e incidenti non gli hanno infatti permesso di essere competitivo al 100%, rimandando il suo appuntamento con il Trofeo Senza Fine.

Marco Pantani.
Il capolavoro fu firmato al Giro d’Italia 1998, vinto su Pavel Tonkov e sullo specialista delle cronometro Alex Zulle, messo fuori gioco dopo aver resistito in modo egregio nelle prove contro il tempo. Il duello con il russo fu estenuante e si risolse a Piancavallo e a Plan di Montecampione, dove, dopo numerosi attacchi a ripetizione, Marco Pantani staccò definitivamente l’avversario, garantendosi la Maglia Rosa.
Dopo aver vinto anche il Tour de France 1998, il corridore di Cesenatico tentò una nuova doppietta nel ’99. Egli dimostrò di avere una grande condizione fin dall’inizio, trionfando sul Gran Sasso e vestendo la maglia di leader. Vinse poi all’Alpe di Pampeago e a Madonna di Campiglio e nessuno sembrava più potergli togliere la vittoria.
Tutto cambiò proprio a Campiglio la mattina del 5 giugno, quando il test del sangue di Pantani mostrò una concentrazione di globuli rossi superiore al consentito. Ciò non significava doping, ma il ciclista venne sospeso per 15 giorni, non potendo finire la corsa, vinta poi da Ivan Gotti.
Da quel giorno la vita di Marco Pantani cambiò definitivamente e a detta di molti, ma anche sua, la carriera del Pirata terminò dopo tale episodio. Dopo aver spaccato con un gesto di rabbia un vetro dell’albergo, accerchiato dai giornalisti e dai carabinieri egli disse: “Mi sono rialzato dopo tanti infortuni e sono tornato a correre. Questa volta, però, abbiamo toccato il fondo. Rialzarsi per me sarà molto difficile“.

Monumento dedicato a Marco Pantani a Cesenatico.
La sua storia fu quella di un lento declino che lo portò alla depressione e alla morte il giorno di San Valentino del 2004, lasciando nei suoi tifosi e appassionati un vuoto mai più riempito da nessun altro sportivo italiano.
Le ultime edizioni del Giro d’Italia e Vincenzo Nibali
Dopo Marco Pantani si sono succeduti vari corridori italiani a vincere il Giro d’Italia, ma bisogna ammettere che la startlist non è mai stata di grandissimo livello.
La Corsa Rosa tornò tra i grandi del ciclismo quando un giovanissimo Alberto Contador, già vincitore del Tour de France, decise di partecipare al Giro d’Italia 2008. Sebbene non abbia vinto neppure una tappa, lo spagnolo mantenne sempre una certa regolarità non avendo mai giorni di cedimento: ciò gli permise di trionfare con 1’57″ su Riccardo Riccò.
Pieno di grandi avvenimenti fu l’edizione del Giro d’Italia 2010 che vide la seconda vittoria di Ivan Basso e la nascita di un nuovo campione, Vincenzo Nibali. Lo Squalo dello Stretto mantenne tra l’altro la Maglia Rosa per tre tappe, perdendola solo nella mitica frazione delle “Strade Bianche” di Montalcino.

Alberto Contador
La frazione fu condizionata dalla pioggia e dalle cadute fin dal primo km, compresa quella della Rosa di Nibali. Tra fango, muri, ghiaia e problemi meccanici, la spuntò Cadel Evans. L’australiano dovette però soccombere allo strapotere di Ivan Basso sulle montagne, in primo luogo sullo Zoncolan, montagna che gli garantì la vittoria a fine Giro.
Nel 2011 ritornò vittorioso Alberto Contador, ma una squalifica retroattiva lo privò del Trofeo Senza Fine. Per il declassamento, vinse così il Giro d’Italia Michele Scarponi, scomparso qualche anno fa dopo un terribile incidente. Il marchigiano resterà sempre nei cuori degli appassionati di ciclismo che ricordano la sua esuberanza, le sue risate e le sue battute, sempre con il sorriso.
Il Pistolero si rifarà però nel 2015, dopo una dura lotta contro l’Astana di Fabio Aru e Mikel Landa. Contador porta così a compimento il suo ennesimo capolavoro, il nono Grande Giro in carriera (7 dopo la squalifica).
Il 2013 e il 2016 sono di nuovo di casa Vincenzo Nibali, che nel mezzo è capace di vincere anche un Tour de France e un Giro di Lombardia. Quella del 2013 fu un’edizione senza storia, con le vittorie a Bardonecchia, nella cronoscalata di Polsa e alle Tre Cime di Lavaredo (sotto la neve) non fu lasciato spazio ai rivali: 4’43″ sul secondo classificato, Rigoberto Uran.

Vincenzo Nibali.
Al Giro d’Italia 2016 la vittoria arrivò invece in modo inaspettato: dopo 18 tappe molto difficili con Steven Kruijswijk assoluto dominatore, lo Squalo, approfittando di una caduta dell’olandese sulla discesa del Colle dell’Agnello e dell’aiuto del compagno e amico Scarponi, vince a Risoul e attacca a Sant’Anna di Vinadio. Con questo exploit finale Nibali supera i rivali e vince la sua seconda Maglia Rosa.
Delle ultime edizioni va poi ricordata l’impresa di Chris Froome al Giro d’Italia 2018: fino alla metà della terza settimana Simon Yates e Tom Dumoulin erano separati da soli 28″ e sembrava potessero giocarsi la vittoria finale nelle ultime due frazioni.
Alla 19esima tappa succede però qualcosa di storico: Froome attacca sul Colle delle Finestre a 80 km dall’arrivo, mentre la maglia rosa di Yates naufraga in piena crisi. Tom Dumoulin, il rivale diretto, tentò il tutto per tutto inseguendo l’inglese ma fu costretto a soccombere arrivando a oltre 3 minuti, dopo aver affrontato anche il Sestriere e il Jaffreau.
Con quest’azione dal sapore antico, Chris Froome si aggiudicò il Giro d’Italia, dopo 4 Tour de France e 1 Vuelta di Spagna, entrando di diritto nel club dei vincitori di tutte e tre le Grandi Corse a Tappe.
Nel 2019 al Giro d’Italia si impone invece l’ecuadoregno Richard Carapaz sul nostro Nibali, regalando al suo paese la prima gioia nel ciclismo mondiale.

Richard Carapaz.
L’albo d’oro del Giro d’Italia
Qui sotto vi elenchiamo tutti i vincitori del Giro d’Italia con il podio completo per ogni stagione.
Ricordiamo che tre corridori detengono il record di vittorie alla corsa (5): Alfredo Binda, Fausto Coppi, Eddy Merckx, il primo dei quali tre edizioni consecutive.
Per nazioni l’Italia comanda la classifica con ben 69 vittorie divise in 42 corridori, segue il Belgio con 7 e la Francia con 6 successi. Fuori dal podio troviamo la Spagna a 4 e Svizzera e Russia con 3.
Mario Cipollini guida invece la classifica dei corridori con maggiori tappe vinte al Giro d’Italia, 42 vittorie in frazioni intermedie. Dietro di lui Learco Guerra (41) e Alfredo Binda (31).
Anno | Vincitore | Secondo | Terzo |
1909 | ![]() |
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1941-45 | gare non disputate | ||
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Questo articolo sarà aggiornato annualmente al termine del Giro d’Italia 2020 per raccontare e aggiungere all’albo d’oro le tante storie che questa corsa ci regalerà.
ARTICOLO PUBBLICATO SU STRADA.BICILIVE